Guardando la carta topografica del paese di Lavena Ponte Tresa, salta all'occhio una disseminazione di costruzioni su tutta la superficie esterna ai due nuclei del centro storico.
E' evidente la mancanza di un'idea qualsiasi di agglomerato, che possa permettere un progetto di socializzazione fra le centinaia di case e villette disperse lungo la direttrice montagna-lago.
Mancano i luoghi e gli spazi di aggregazione, non esendo pensabile che ragazzi e anziani, giovani e meno giovani, si riversino dai due poli estremi ( zona Tarca- Via Campagna da un lato, Cantine e Villaggio Miralago dall'altro)verso il centro, senza utilizzare il mezzo privato di trasporto.
Ecco quindi l'altra peculiarità del tessuo urbano: la rinuncia a zone a verde pubblico, parco o giardino che dir si voglia, in favore dei parcheggi, sempre insufficienti perchè la mobilità pedonale e ciclistica è quasi inesistente.
Quel che è sfuggito ai pianificatori del passato, presi dall'emergenza di garantire alloggi alla popolazione sempre crescente, continua a sfuggire ai pianificatori di oggi, tempo in cui l'emergenza abitativa è stata sostituita da spinte speculative e necessità di cassa.
La polverizzazione urbana si riflette sulla composizione e sui comportamenti sociali: intere vie del paese sono abitate da persone che si salutano appena (del tutto estranei o superficiali conoscenti)e la socializzazione avviene solo in occasione degli eventi realizzati per la massa, in definitiva ancora in modo superficiale e fra individualità sostanzialmente estranee fra loro.
Si formano così le cerchie di provenienza geografica, quelle per età e quelle per
censo, senza che ciò permetta una vera integrazione, con ripercussioni pesanti sul piano sociologico.
Prova ulteriore che la dicotomia fra l'uomo e l'ambiente è solo una categorizzazione artificiale, semplicistica per comodità e, per molti versi, pretestuosa.
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