sabato 8 maggio 2010

Altissima, purissima, carissima....


Lo spot pubblicitario è di quelli che rimangono in mente: testimonial d'eccezione un eroe dei nostri tempi, quel Reinhold Messner che ha scalato tutti gli ottomila terrestri senza ossigeno, immagini di cime incontaminate e quell'acqua che sgorga cristallina da un blocco di ghiaccio e, potenza della suggestione, ti fa immediatamente venir sete e voglia d'acqua pura.
Siamo il popolo al mondo che consuma il più alto numero di litri pro capite d'acqua in bottiglia.
Chi è stato all'estero sa che, nei primi ristoranti di ogni latitudine, la nostra acqua di San Pellegrino contende il primato di prestigio ( e di prezzo) della più blasonata Pérrier, e figura nella carta delle acque insieme ad una carissima acqua norvegese dal nome impronunciabilmente complicato.
Carta dell'acqua, come la carta dei vini.
Noi, che abitiamo in un paese dove l'acqua sgorga da ogni pertugio e filtra da ogni vena, non ci rendiamo conto del patrimonio che scorre dalle nostre montagne e sprizza dalle sorgenti.
Ignoriamo anche che le principali marche di acque minerali, ( quelle che mantengono sempre giovani, quelle che riportano la primavera, quelle che fanno digerire i campioni del pallone e fanno fare "plin plin" a miss Italia) vengono emunte e imbottigliate a costo quasi zero, e vendute con un profitto del mille per cento.
Ora questo stesso principio si vorrebbe applicare anche alle acque degli acquedotti: si comprano le acque delle sorgenti minerali, perchè non tutte le acque?
Il terzo referendum intende annullare il principio del guadagno garantito, fino ad un 7% in più degli attuali costi di gestione, senza legarlo a vincoli di migliore efficienza o di investimento sulle reti locali.
Se passiamo il principio che una società per azioni qualunque possa gestire la distribuzione sia a Lavena Ponte Tresa che a Biarritz, nulla vieterebbe che riscuotesse un sovrapprezzo dai Lavenesi per dedicarlo al miglioramento del servizio degli hotel di Biarritz.
O anche che riscuotesse, punto.

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