
Se non ci resta che sognare, almeno in questi tempi duri di crisi, che cosa può rappresentare meglio il sogno di una vacanza alle Seychelles? Sabbie candide, alti palmizi, una laguna di zaffiro e un grande albergo a cinque stelle, o un esclusivo resort... peccato che,anche in quest'ultimo paradiso stiano maturando i primi frutti avvelenati. Il riscaldamento globale , per esempio,con la minaccia del'innalzamento del livello marino che rischia di sommergere queste isole fortunate, che hanno un'altitudine media di pochi metri. O i pirati, che riesumati dai racconti di un paio di secoli fa, sono ritornati a battere le rotte delle navi milionarie, sequestrando e chiedendo riscatti ai vacanzieri dello smart-set globale.
L'ultima piaga, ma non la meno preoccupante, è la dipendenza alimentare dell'arcipelago dalle importazioni di cibo: la grave crisi economica ha moltiplicato il debito estero e l'assenza di un sistema autonomo di produzione agricola ha costretto le Seychelles ad una inversione di tendenza, anzi ad una vera e propria svolta ad U.
Per la prima volta il piccolo stato oceanico ha negato il permesso di utilzzare lo scarso terreno coltivabile a disposizione per costruire l'ennesimo albergo di lusso.
Con l'inflazione al 60% e il costo alle stelle delle derrate alimentari, i terreni arativi, finora considerati un freno allo sviluppo turistico e, quindi all'economia, sono diventati improvvisamente preziosi.
Ora, questi problemi che si sono imposti all'attenzione nel microcosmo di un arcipelago lontano da noi migliaia di chilometri, sono stati generati da quei fenomeni dei quali gli ambientalisti tanto vituperati danno l'allarme da tempo.
L'effetto serra , il turismo sostenibile e, da sei mesi a questa parte in modo più serrato, anche il consumo dei suoli agricoli.
Meditate, gente, meditate!
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