domenica 6 ottobre 2019

RISCALDAMENTO GLOBALE E CLIMA VARESINO

Ho assistito venerdì sera alla conferenza di Paolo Valisa, il meteorologo che ci parla dall'Osservatorio di Campo dei Fiori quasi tutte le mattine, che aveva come argomento i cambiamenti del clima a Varese. Interessante vedere come la nostra zona abbia attraversato nel tempo le più differenti situazioni climatiche: dalle paludi tropicali dove sguazzava il Besanosauro, al mare di ghiaccio delle numerose, cicliche glaciazioni in ere geologiche più o meno remote. Il relatore ha il dono della chiarezza e della semplicità, pur nell'assoluto rigore scientifico della comparazione e registrazione dei dati relativi alle osservazioni meteorologiche, all'illustrazione dei metodi d'indagine e dei modelli di simulazione per gli scenari futuri.Impressionante il vedere le cartine su cui inesorabilmente vediamo incupirsi il rosso delle temperature oltre i 30°C ( fino a qualche hanno fa inusuali a Varese, se non per sporadiche apparizioni in piena estate) e il contemporaneo scomparire dell'innevamento e delle precipitazioni che si concentrano grosso modo in una sola monostagione ( mi si passi il neologismo) che potremmo chiamare Autunnovera, che andrà a comprimere e poi definitivamente a sostituire l'inverno come ce lo ricordiamo. Innalzamento della temperatura media di 2°, tanti ne conta oggi la media varesina, che è superiore alla media globale, anche se alle nostre latitudini questo aumento risulta meno percepibile. Una cosa mi è sembrata molto chiara: il cambiamento climatico globale porterà nel mondo ( magari non proprio sulla porta di casa) degli sconvolgimenti tali che difficilmente potremo fingere di ignorarne le conseguenze. Un secondo messaggio che mi è arrivato, forte e e chiaro, è che i correttivi che la nostra società può apportare, così com'è combinata, sono veramente risibili e, anche se applicati in modo totale, massiccio e generalizzato, potranno avere una qualche influenza sul cambiamento in atto solo fra un paio di centinaio d'anni. Terzo e non ultimo:ammesso e non concesso che si potesse attuare la rivoluzione copernicana della nostra economia basata ora sul carbonio fossile, ciononostante la sola pressione antropica dei 10 miliardi e più di esseri umani ipotizzati per i prossimi 80 anni sarebbe sufficiente a far comunque proseguire la liberazione di tonnellate di CO2 in atmosfera... il senso di impotenza che ti assale, quando ti snocciolano davanti questi scenari apocalittici sarebbe sufficiente a creare sconforto e incredulità.
Ti chiedi: possibile?
E infatti, purtroppo, anche nell'uditorio di astrofili e ambientalisti, escursionisti e amministratori locali qualche voce scettica, anche se non decisamente negazionista, si è levata a contestare, minimizzare, confutare e polemizzare, pur se in modo accademico e con accenti civili. Per quanto mi riguarda, pur nella consapevolezza dell'estremo pericolo e dell'assoluta emergenza planetaria, ritengo che a questo punto, dopo tutto il tempo perso e stanti le attuali resistenze dei maggiori stati inquinatori a cambiare direzione, quello che ci resta da fare è organizzare la protezione civile per fronteggiare le emergenze umanitarie e cercare di salvare il salvabile. Ogni comportamento individuale atto a diminuire l'impronta ecologica che ciascuno di noi infligge alla Terra è ovviamente indispensabile, basterà? Certamente no, ma sarà opportuno applicare alla questione del riscaldamento globale la stessa regola che Pascal si imponeva sulla altrettanto controversa esistenza di Dio: magari non esiste, intanto io intendo comportarmi come se ci fosse. Ecco.